sabato 19 ottobre 2013

28th Munchen marathon - di Massimo Colombo

Dopo la sfortunata esperienza alla NY City Marathon 2012, ho voluto riprovare con una gara all’estero scegliendo come meta la maratona di Monaco. Scelta facile perché oltre a una bella città fatta a misura d’uomo, nella capitale bavarese abita da qualche anno un’amica, così ho potuto coinvolgere anche il resto della famiglia per condividere le attese, le emozioni, che una manifestazione importante e sempre più popolare può suscitare non solo negli atleti che la vivono in prima persona, ma anche dal pubblico che la segue da vicino e crea quella atmosfera che spesso ti aiuta a superare i momenti di fatica. 
In tutto il mondo, il primo approccio alla gara è quello del ritiro del pettorale, dove ho scoperto di esser in compagnia di altri 600 italiani (circa) su 6.000 partecipanti, che il sabato hanno affollato l’Olympiapark Event-Arena per il rito dello shopping pre gara tra gli stand delle più note marche di abbigliamento e accessori per il running.
E finalmente arriva la domenica, anche se le premesse non sono delle migliori, infatti contro tutti i Meteo che davano tempo tendente al bello, una pioggia insistente accompagnata da freddo e vento mi danno il benvenuto all’uscita di casa. Ma era destino che questa volta nulla potesse rovinare la festa infatti nel breve tragitto in metro che mi separa dalla partenza, il sole prende il posto delle nuvole e al momento dello sparo che da il via al gruppo degli ultimi, già mi pento di essermi messo in maniche lunghe.

Monaco ha la classica architettura “fredda” delle città del nord Europa, tutta palazzi austeri e marmo, ma anche il pregio di avere una particolare attenzione per le zone verdi come l’Olympiapark e l’Englischer Garten ed è proprio quest’ultimo il protagonista dei primi km del percorso, che dopo un breve tratto di asfalto si immerge nel verde di un vero e proprio bosco al centro della città tenendoci compagnia per 8 km circa dei primi 15. Scelgo un profilo basso e mi accodo al pacer delle 4:30 H, ma dopo la prima ora e mezza di corsa già mi pento della scelta e all’uscita del parco decido di aumentare l’andatura. Nel frattempo attorno è comparsa la periferia, e al traguardo della mezza abbandono definitivamente il gruppo per tenere un passo un poco più veloce. Ritorniamo verso il centro città e il traguardo dei 30-35 km, il punto critico di ogni maratona, si avvicina senza che il fisico dia segni di stanchezza, forse sto facendo la cosa giusta. Proprio in questi km attraversiamo il cuore della città; Marienplatz, Sendlinger Tor, Konigsplatz e il palazzo del Parlamento affollati di gente, salutano il passaggio degli atleti che complici i nomi scritti sul pettorale, vengono chiamati e incitati anche da chi non conosci. Elisabethstasse lunga e interminabile, ci accompagna negli ultimi km, i più difficili ma affrontati sapendo che alla fine ci sarebbe stato l’ultimo rifornimento, un tratto ancora di Olympiapark e l’arrivo nello Stadio Olimpico, la parte più emozionante della corsa. Come i maratoneti alle olimpiadi, gli ultimi 400 mt sono il classico giro di pista con la gente seduta sulle gradinate che ti applaude, e sapendo che tra questi c’era anche la mia famiglia proprio non mi è pesato passare il traguardo con tempo per me discreto (e record personale) di 4:20 H con una media costante di 6 a km e gli ultimi a 5,30.
Devo essere sincero: sono soddisfatto della prestazione, anche se il mio non è un tampone. Ho sempre corso, camminato solo i metri necessari per i rifornimenti e negli ultimi km ho superato moltissimi atleti in crisi (a Milano nel 2012 era successo l’opposto) che forse avevano chiesto troppo all’inizio. A proposito di rifornimenti, ho trovato delle differenze rispetto alle gare di casa nostra: non ci sono spugne, ci sono acqua e integratori, come solidi solo banane e negli ultimi km abbondano i gel. 
In conclusione, esperienza positiva che mi sento di consigliare a tutti, anche a chi volesse battere il proprio record personale. Il percorso è una tavola da bigliardo con rari cavalcavia e sottopassi ma soprattutto, da buoni tedeschi, l’asfalto è curato come il pavimento di casa, senza i buchi e tombini che troviamo sulle strade di casa nostra.

Massimo Colombo

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