mercoledì 7 maggio 2014

La giornata perfetta di Stefano Monti


Una delle cose che più mi intriga della corsa è che per quanto uno si alleni sono talmente vari i fattori che contribuiscono all’esito di una prestazione che non si sa mai come andrà a finire una gara. Per carità, le gambe e il fiato li devi avere, ma non sempre bastano, e alcune volte devi accettare le cose così come vanno. Ma altre...
Fatta una settimana di riposo dopo la maratona di Milano, dato che le uscite che facevo mi davano ottime sensazioni, mi è venuta la voglia di cimentarmi in una nuova avventura. Volevo mettere a frutto i mesi di preparazione e anche soddisfare una personale voglia di riscatto per un certo amaro che mi aveva lasciato quella stessa ultima gara, chiusa in 3 h e 45’, ma segnata da un sensibile calo nel finale.

L’idea era riprovare la distanza più lunga ma l’avvicinarsi dell’estate riduceva ormai agli sgoccioli le opportunità. Mi sarebbe piaciuto unirmi al gruppo della maratona del riso, ma il 1° Maggio ero impegnato, e le alternative del week end successivo erano troppo distanti.
Così, per quanto brutto a dirsi, ho “ripiegato" su una mezza, quella di Piacenza, che non avevo mai corso.
L’orario di partenza, fissato alle 10:00, mi sembrava un po’ azzardato per una data come il 4 di Maggio dove le temperature possono arrivare già ad essere fastidiose ma mi sono detto: “che ne sai che tempo farà?” e mi sono iscritto comunque.
Una volta deciso di partecipare lo spirito competitivo non ha aspettato a farsi sentire e l’obiettivo da rincorrere non poteva che essere quello di abbassare l’1h 38’26” fatto quest’anno alla Stramilano. E visto che abbiamo una bella pagina dedicata ai record sociali è inutile nascondere che il pensiero è andato all’abbassare il primato di 1h 37’33” della mia categoria, risultato accattivante perché sarebbe stato il mio personale.
La Domenica, quindi, sveglia di buon’ora, colazione e partenza.
La giornata è meravigliosa e il viaggio in macchina è assai piacevole per il panorama che offre. Il cielo è di un azzurro limpido e dall’autostrada dei laghi si vedono distintamente tutte le montagne ancora abbondantemente innevate.
Piacenza non è propriamente dietro l’angolo ma ad alleviare l’oretta di viaggio contribuisce la logistica della gara. Il piazzale indicato dall’organizzazione per il parcheggio è pochissimi metri dopo l’uscita della tangenziale e sufficientemente ampio da accogliere tutti i partecipanti senza la formazione di code o la necessità di girare per cercarsi un proprio spazio. Il centro maratona, poi, si trova letteralmente dall’altra parte della strada e in men che non si dica sto già ritirando il pettorale.
Sulla linea di partenza le considerazioni sull’orario diventano un vero e proprio tormentone, un timore condiviso da tutti, perché il sole picchia e anche la sola canotta non promette di essere sufficiente a tenersi freschi.
Allo start però i pensieri e le preoccupazioni, come sempre, svaniscono e, con loro, ahimè, anche le buone intenzioni.
Mi ero preparato una bellissima tabellina da tenere al polso con i passaggi necessari a una media di 4’37” ma mi ritrovo quasi subito a 4’20” e mi lascio volentieri trascinare dall'entusiasmo, dai corridori intorno a me e dall’istinto di provare a mettere da parte qualche secondo per il finale. Istinto che non è sempre un buon alleato. Sul GPS tengo solo il cronometro e la velocità istantanea (“tanto ho la tabellina e poi si sa che il Garmin ruba…”). Il primo tratto, molto scorrevole, è cittadino. Gli alberi e le case ci tengono all’ombra e la stanchezza non si sente per cui va tutto bene, ma appena usciti mi sforzo, a sensazione, di rallentare un po' perché, sebbene il percorso sia veloce (il vincitore chiuderà in 1h 01’50”), il ritmo è troppo oltre i miei limiti, il tempo è troppo bello e ci sono troppi tra sottopassi e cavalcavia che non amo molto (alla fine saranno almeno 7 o 8).
Raggiunta la campagna però la grande sorpresa è un piacevole venticello, tanto fresco da mitigare il caldo, quanto leggero da non disturbare minimamente la corsa. I ristori e gli spugnaggi sono d’obbligo ma le gambe incredibilmente continuano a girare e capisco che il vantaggio che è ho accumulato comincia ad essere consistente. Tra il 12° e il 13° chilometro la stanchezza inevitabilmente fa capolino, portando con sè la sensazione di avere esagerato. Decido testardamente di tenere duro ma, complice anche la scaramanzia, i tempi al 17° iniziano a salire sensibilmente e io comincio a giocare in difesa: la mente inizia a fare calcoli sul tempo che potrei fare facendo gli ultimi chilometri rallentando ancor di più, così come corpo e testa chiedono insistentemente. Prima del 19° mi passano i pacer dell’ora e 35’ (sono un po' nel pallone, "ma non erano davanti...?") e mi incitano a seguirli. E io, che stavo già progressivamente cedendo, provo ad accodarmi. Non mi trovo sempre a mio agio a seguire i pacer. Il ricordo più bello ce l’ho di una mezza a Cremona dove per la prima volta sono sceso sotto l’1h e 45’, proprio grazie a uno di loro, ma spesso hanno un passo che non va d’accordo con il mio e provo più fastidio che beneficio.
Questa volta invece il tandem funziona benissimo. Li seguo agevolmente e loro continuano incessanti ad incoraggiare, così riesco non solo a tenere il ritmo, ma anche a recuperare un po’ di forze. Abbastanza da raccogliere l’invito a dare tutto nell’ultimo chilometro e, insieme ad altri 2 o 3 del gruppo mi sforzo di accelerare.
E’ la prima volta che provo una sensazione di fatica, fisica e psicologica, nell’arrivare al traguardo di una mezza, di intensità simile a quella che si prova alla fine di una maratona, ma sono talmente galvanizzato dal tempo che capisco che potrei fare che non voglio mollare.
L’ultimo chilometro racconta di un surreale 4’07” e vedere il cronometro del traguardo che scandisce i secondi dell’1h e 34’, un tempo che non avevo mai neanche sperato, mi sembra un sogno. E per una volta, tagliato il traguardo, provo dentro di me la gratificante, netta sensazione di aver dato tutto quello che avevo, fino all'ultima goccia di energia. Ho migliorato il personale di 4 minuti (!) ma uno molto abbondante lo devo ai pacer che non solo ho avuto la fortuna di trovare al momento giusto, ma che si sono anche dimostrati quelli ideali, quelli che non fanno solo da riferimento cronometrico ma aiutano chi gli si affida a raggiungere i suoi obiettivi. Ho deciso che da grande almeno una volta voglio provarci anch’io così magari potrò restituire quello che ho ricevuto.
Dopo l’arrivo, che è in centro a Piacenza e distante un paio di chilometri dalla partenza, ritiro la sacca (il deposito borse è alla partenza ma viene offerto un intelligente servizio di trasporto di piccole sacche con il cambio che può essere necessario all’arrivo), faccio un ristoro leggero e prendo navetta per rientrare al centro maratona. Doccia e ristoro finale sono la degna conclusione di un’ottima organizzazione e il rientro, è inutile che lo dica, l’ho fatto con un sorriso stampato in faccia che non c’è alcuna fretta che passi.
Un nota di colore. Per la prima volta da quando corro il Garmin ha segnato la misura pressoché esatta: 21.093 metri.
E’ stata proprio la giornata perfetta.

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